In questo post parlero’ e si esploreranno alcuni degli elementi che hanno un ruolo significativo prima di costruire un’inquadratura.
Il look di un’immagine, il suo corretto bilanciamento, la profondità dello spazio a fuoco, la relazione tra back/mid/foreground..ecc tutti influenzano la ricezione di un’immagine.
Il colore
Come tutti sappiamo i primi film erano girati in bianco e nero ma il cinema ha fatto in modo, con il passare del tempo e con la tecnologia che avanzava, che presto le immagini a colori sarebbero state introdotte. Inizialmente queste immagini erano dipinte o con stencils stampate su pellicola ma, intorno al 1930, la maggior parte dei filmmakers avevano avuto l’abilita’ di introdurre il colore nelle sequenze dei loro film. A parte il realismo e il glamour che un’immagine a colori riusciva a procurare, il colore e’ usato anche per creare un disegno e un’estetica gradevole per istituire carattere o emozione al cinema narrativo.
Nel film di Federico Fellini “Giulietta degli spiriti, 1965” il colore separa la realtà mondana borghese attraverso bianco, nero, rosso e viola.
Questo e’ stato il primo film a colori di Fellini. In questo film ha lasciato recitare sua moglie Giulietta Masina, ovvero la protagonista di “Le notti di Cabiria, 1957”, dove ha recitato nei panni di una prostituta in un triste sobborgo urbano. In questo film invece ha recitato nei panni di una ricca casalinga in un technicolor sensuale e seducente, con un netto turning point rispetto ai suoi film precedenti ispirati al Neorealismo.
Al contrario di credi popolari, i colori non hanno necessariamente un significato in particolare.
Se si confronta l’uso del rosso nel film di Ingmar Bergman “Cries and Whispers (Viskingar Och Rop, 1972)”,
e il film di Zhang Yimou “Ju Dou, 1990” per esempio.
Mentre Zhang utilizza il rosso come simbolo di una banale passione sfrenata, Bergman associa il colore con il sangue contaminato.
Il contrasto
Il contrasto e’ il rapporto tra luce e buio. Se la differenza tra aree di luce e buio e’ grande, parliamo di un’immagine ad alto contrasto. Invece se la differenza e’ minore, parliamo di un’immagine a basso contrasto. Molti film usano un basso contrasto per ottenere un’illuminazione più naturalistica. L’alto contrasto e’ normalmente associato con una chiave bassa d’illuminazione (low key lighting) di scene scure in generi come l’horror e noir. Usare invece un contrasto tra luce e buio per distinguere le differenze tra il bene e il male e’ un cliche comune. L’uso del contrasto in una scena può anche estrarre connotazioni “razziste e sessiste”. Per esempio, questa inquadratura tratta dal film di Orson Welles “Touch of Evil, 1958”, viene impiegato un alto contrasto per enfatizzare ulteriormente le differenze razziali tra una donna bionda Americana e un uomo Messicano con aria minacciosa.
Esposizione
Una lente di una camera ha un’apertura che controlla la quantita’ di luce che passa attraverso la lente. Se quest’apertura e’ più ampia, più luce passa e il risultato e’ quello di ottenere un’immagine più esposta. Se l’immagine risulta più “pallida/chiara” e i dettagli iniziano a scomparire, può essere descritta come “sovraesposta”. Al contrario, un’apertura più stretta che permette alla lente di far passare meno luce produrrà un’immagine più scura del normale quindi questa può essere descritta come “sottoesposta”.
Nel film “Traffic, 2000”, Steven Soderbergh decide di girare tutte le sequenze ambientate nel deserto Messicano sovraesponendole. Il risultato dell’immagine da l’impressione di una terra sterile e desolata che viene spietatamente bruciata dal sole, una terra dove neanche la polizia e la dogana hanno il controllo.